Friday, November 27, 2009

Fotografie - O un racconto con gli occhi chiusi

 
Aveva i capelli lisci, neri e non molto corti, che battevano sul collo quando si muoveva. Non parlava molto, ma aveva gli occhi neri che, grandi, sembravano talvolta scintillare sotto le ciglia anche scure e che si progettavano improvvisamente, cosi quasi troppo. Un pò magra, aveva le braccia lunghe per la sua altezza di un metro e sessanta e pochi centimetri, e portava sempre solo un piccolo anello nel terzo dito della sua mano sinistra. Non aveva cicatrici visibili né rughe ma, come se fosse un tatuaggio, usava sempre un cammeo sulla carnagione chiara della pelle, eredità di una nonna che non aveva conosciuto mai. Le sue labbra cambiavano colore, quando sorrideva molto. Diventavano un rosso piu scuro. 

Aveva ventidue anni, già tanti anni fa, quando ci siamo conosciuto nell’università nel nord-est del Brasile. Portava sempre con se una macchina fotografica. A quel tempo lei aveva già abitato in alcuni paesi del Sud America con la sua famiglia, accompagnando il padre che si trasferiva tante volte per lavoro. A volte mi ha parlato dei suoi viaggi e mi ha mostrato molte fotografie. Poche erano dei luoghi e delle città che aveva conosciuto. La maggior parte mostrava solo piccoli oggetti, e molte volte appena parte d’un oggetto: una vecchia porta, uno cancello semiaperto, uno vaso di fiori, i marciapiedi vuoti. Svilupava e stampava le foto. Bianco e nero. E mi parlava di tutte quei pezze di cose. Aveva un’immaginazione. 

Non le piacevano molto le attività sociale. Le piaceva stare da sola o con pochi amici. Amava bere l’espresso. Macchiato. Noi conversavamo. Lei mi incantava.

Sono dieci anni che non ci parliamo, ma mi inviava una foto ogni anno, con una breve storia scritta sul retro.
Sono tre anni che non ricevo nulla.

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