Thursday, April 15, 2010

I beati anni del castigo - Fleur Jaeggy

"(...) But I persevered in the pleasure of taking my sadness to the limit, the way one does with some practical joke. The pleasure of disappointment. It wasn't new to me. I had been relishing it ever since I was eight years old, a boarder in my first, religious, school. And perhaps they were the best years, I thought. Those years of discipline. There was a kind of elation, faint but constant throughout all those days of discipline, the sweet days of discipline."

[(...) Ma perseveravo nel piacere dell’andare in fondo alla tristezza, come a un dispetto. Il piacere del disappunto. Non mi era nuovo. Lo apprezzavo da quando avevo otto anni, interna nel primo collegio, religioso. E forse furono gli anni più belli, pensavo. Gli anni del castigo. Vi è come un’esaltazione, leggera ma costante, negli anni del castigo, nei beati anni del castigo.]

Saturday, April 10, 2010

A renewed look at the cinema


Zizek's enthralling discusion about fantasy(ies) and reality(ies) through cinema.


"We say the eye is the window of the soul. But what if there is no soul behind the eye? What if the eye is a crack through which we can perceive just the abyss of a netherworld? When we look through these cracks, we see the dark, other side, where hidden forces run the show."

Thursday, April 8, 2010

A story of floating weeds


"Floating weeds, drifting down the leisurely river of our lives."

A film by Yasujiro Ozu.
The 1934 version, silent and black and white, under the rain. Beautiful photography. No camera movement. Come un silenzio doppo il pranzo.
The 1959 remake: color and spoken, in the summer heat by the sea. Extraordinary, the silences, the cuts, the photos.

Tuesday, April 6, 2010

Sostiene Pereira, che... -- Antonio Tabucchi

"Il dottor Cardoso venne sul bordo della vasca e cominciò a dargli delle istruzioni. Muova le braccia come se facesse degli esercizi ginnici, gli disse, e con le alghe si massaggi il ventre e il petto. Pereira eseguì compuntamente le istruzioni finché non senti che aveva il fiato corto. Allora si fermò, con l'acqua fino al collo, e si mise a agitare le mani, lentamente.
Come ha dormito stanotte?. gli chiese il dottor Cardoso.
Bene, rispose Pereira, però ho letto fino a tardi, ho con me un libro di Alpbonse Daudet, le piace Daudet?
Lo conosco male, confessò il dottor Cardoso.
Ho pensato di tradurre un racconto dei Contes du lundi, vorrei pubblicarlo sul "Lisboa", disse Pereira.
Me lo racconti, disse il dottor Cardoso.
Beh, disse Pereira si chiama La dernière classe, parla di un maestro di un villaggio francese in Alsazia, i suoi allievi sono figli di contadini, poveri ragazzi che devono lavorare nei campi e che disertano le lezioni, e il maestro è disperato.
Pereira fece qualche passo in avanti in modo che l'acqua non gli entrasse in bocca.
E infine, continuò, si arriva all'ultimo giorno di scuola, la guerra franco-prussiana è finita, il maestro aspetta senza speranza che arrivi qualche allievo, e invece arrivano tutti gli uomini del paese, contadini, i vecchi del villaggio, che vengono a rendere omaggio al maestro francese in partenza, perché sanno che l'indomani il loro suolo sarà occupato dai tedeschi, allora il maestro scrive sulla lavagna "Viva la Francia", e se ne va così, con le lacrime agli occhi, lasciando nell'aula una grande commozione.
Pereira si tolse due lunghe alghe dalle braccia e chiese: che ne dice, dottor Cardoso?
Bello, rispose i1 dottor Cardoso, ma non so se oggi in Portogallo sarà apprezzato leggere "Viva la Francia", visto i tempi che corrono, chissà che lei non stia dando spazio al suo nuovo io egemone, dottor Pereira, mi pare di intravedere un nuovo io egemone.
Ma che dice, dottor Cardoso, disse Pereira, questo è un racconto dell'Ottocento, è acqua passata.
Sì, disse il dottor Cardoso, ma anche così è pur sempre un racconto contro la Germania, e la Germania non si tocca in un paese come il nostro, ha visto come è stato imposto il saluto alle manifestazioni ufficiali, salutano tutti con il braccio teso, come i nazisti.
Vedremo, disse Pereira, però il "Lisboa" è un giornale indipendente.
E poi chiese: posso uscire?
Ancora dieci minuti, replicò il dottor Cardoso, visto che c'è ci resti e faccia il tempo completo della terapia, ma mi scusi, cosa vuol dire un giornale indipendente in Portogallo?
Un giornale che non è legato a nessun movimento politico, rispose Pereira.
Può essere, disse il dottor Cardoso, ma il direttore del suo giornale, caro dottor Pereira, è un personaggio del regime, appare in tutte le manifestazioni ufficiali, e come tende il braccio, sembra che voglia lanciarlo come un giavellotto.
Questo è vero, ammise Pereira, ma in fondo non è una cattiva persona, e per quanto riguarda la pagina culturale mi ha lasciato pieni poteri.
E' comodo, obiettò il dottor Cardoso, tanto c'è la censura preventiva, tutti i giorni, prima di uscire, le bozze del suo giornale passano attraverso l'imprimatur della censura preventiva, e se c'è qualcosa che non va stia pur tranquillo che non viene pubblicato, magari lasciano uno spazio bianco, mi è già capitato di vedere i giornali portoghesi con degli ampi spazi bianchi, fanno una grande rabbia e una grande malinconia.
Capisco, disse Pereira, li ho già visti anch'io, però al "Lisboa" non è ancora successo.
Può succedere, replicò con tono scherzoso il dottor Cardoso, questo dipenderà dall'io egemone che prenderà il sopravvento sulla sua confederazione di anime."

Monday, April 5, 2010

Seta - Alessandro Baricco

"Benché suo padre avesse immaginato per lui un brillante avvenire nell’esercito, Hervè Joncour aveva finito per guadagnarsi da vivere con un mestiere insolito, cui non era estraneo, per singolare ironia, un tratto a tal punto amabile da tradire una vaga intonazione femminile.
Per vivere, Hervè Joncour comprava e vendeva bachi da seta.
Era il 1861. Flaubert stava scrivendo Sallambô, l’illuminazione elettrica era ancora un’ipotesi e Abramo Lincoln, dall’altra parte dell’oceano, stava combattendo una guerra di cui non avrebbe mai visto la fine.
Hervè Joncour aveva trentadue anni.
Comprava e vendeva.
Bachi da seta."

"Embora seu pai houvesse imaginado para ele um futuro brilhante no exército, Hervè Joncour tinha terminado por ganhar a vida com um trabalho insólito, ao qual não era estranho, por singular ironia, um trato a tal ponto amável que traía uma leve entonação feminina.
Para viver, Hervè Joncour comprava e vendia bichos-da-seda.
Era 1861. Flaubert estava escrevendo Sallambô, a iluminação elétrica
era ainda um sonho e Abraham Lincoln, do outro lado do oceano, combatia uma guerra da qual não veria o final.
Hervè Joncour tinha trinta e dois anos.
Comprava e vendia.
Bichos-da-seda."
Tradução: Iran